venerdì 31 gennaio 2014

Nuovi psicologi prendono posizione contro l’adozione gay

Proseguono fortunatamente le prese di posizione degli esperti circa l’argomento caldo del momento, ovvero l’adozione per persone dello stesso sesso. Il pregio di questi professionisti è quello di concentrarsi sul benessere del bambino, al posto dell’inesistente diritto alla genitorialità della coppie omosessuali, escluse dalla natura stessa alla procreazione.

Così la psicologa Maria Rita Parsi, fondatrice dell’associazione ”Movimento Bambino”, ha spiegato: «Per i bambini quel che vale è l’amore. Però è importante che le bambine trovino un punto di riferimento maschile e i maschietti uno femminile per sviluppare e indirizzare la loro ricerca di un partner quando saranno adulti. Crescere con genitori omosessuali senza avere punti di riferimento dell’altro sesso costituisce un limite». Chi è a favore dell’adozione per le coppie omosessuali intende volontariamente mettere il bambino in una condizione di svantaggio. Ha poi proseguito la psicologa: «cure e amore non sono patrimonio esclusivo delle coppie etero. Vero è, però, che quando si arriva alla fase del complesso edipico è importante avere una doppia realtà di riferimento, maschio e femmina. È fondamentale per sviluppare il cervello e la personalità. Perché i bambini abbiano uno sviluppo pieno e completo, i modelli di riferimento devono essere maschili e femminili. E non devono essere necessariamente il papà o la mamma, possono venir individuate figure esterne alla coppia. Ci tengo però a precisare una cosa. Il rapporto fondamentale e primario resta quello con la madre. Un rapporto prioritario che comincia nella vita prenatale, che è determinante al momento del parto, fondamentale nei primi attimi e nelle prime settimane di vita. Talmente importante ed essenziale che non può essere sostituito da nessun altro». La madre è fondamentale, ma numerosi studi mostrano anche l’insostuibilità della figura paterna per un corretto sviluppo del bambino.

Mariolina Ceriotti Migliarese, neuropsichiatra infantile ed esperta di famiglia, ha a sua volta confermato«Fra i bisogni primari del bambino c’è l’amore, la cura, l’accudimento e questo può essere effettivamente dato sia dalla figura maschile sia da quella femminile, ma poi ha bisogno di essere accompagnato nella costruzione della propria identità. La negazione del valore della differenza sessuale – il corpo è un dato – provoca una gravissima interferenza nella costruzione dell’identità». Che magari non si vede nell’infanzia, ma esplode con la pubertà e la preadolescenza».  

Anna Oliverio Ferraris, docente di psicologia dell’età evolutiva alla Sapienza di Roma, è più pragmatica: «se a quattro anni un bambino scopre di avere due mamme o due papà» questo è un problema. Bisogna avere la sensibilità di seguire figli nei vari passaggi; è un po’ come per i bambini adottati, a un certo punto vogliono sapere la verità. Non si può negare che è una complicazione in più, che però si può fronteggiare se la società esterna mette da parte pregiudizi e razzismi, e se all’interno i genitori omosessuali evitano a loro volta di chiudersi nella difesa ideologica». Non si capisce però perché correre questo rischio, correndo questo azzardo non si cerca certamente l’interesse del bambino.

Rosa Rosnati, docente di Psicologia dell’adozione e dell’affido presso l’Università Cattolica di Milano ha spiegato che «crescere godendo della presenza di un padre e di una madre consente al bambino di conoscere dal vivo cosa vuol dire essere uomo e donna e, quindi, definire nel tempo una solida identità maschile o femminile. Allo stesso tempo il bambino potrà fare esperienza della relazione tra uomo e donna, capace di accogliere e valorizzare le differenze. Due genitori dello stesso sesso non possono fornire questa esperienza di base, quindi il bambino sarà gravato da un compito psichico aggiuntivo. Ai bambini adottati la società deve fornire condizioni ideali di crescita, non esporli ad altri fattori di rischio».

Domenico Simeone, psicologo, psicoterapeuta e professore associato di Pedagogia generale presso l’Università degli Studi di Macerata, ha affermato«Crescere con una madre e con un padre, quando è possibile, significa conoscere il valore educativo della differenza, significa inscrivere la parentalità in una rapporto che chiama in causa la corporeità, significa sperimentare una rete relazionale costruita sul riconoscimento dell’alterità. Il fenomeno delle coppie omoparentali è relativamente recente. Molti studi mettono in guardia sulle difficoltà che i bambini che crescono con persone dello stesso sesso possono incontrare. Dal punto di vista scientifico credo sia necessario approfondire le conoscenze del fenomeno in modo rigoroso, guardando la questione dal punto di vista del bambino e dei sui bisogni. Troppo spesso nel dibattito prevalgono i presunti “diritti” degli adulti e ci si dimentica di tutelare la crescita dei bambini.  La differenza di genere tra padre e madre e tra genitore e figlio costituisce l’elemento fondamentale per imparare ad amare, costruendo relazioni e accettando il limite che è in esse inscritto. Nel crogiuolo di tali relazioni i bambini vivono processi di identificazione e riconoscono le differenze, stabilendo relazioni significative. È la differenza che permette la triangolazione della relazione e il riconoscimento dell’alterità. Non è qui in discussione la capacità di cura che possono avere le coppie omogenitoriali quanto piuttosto l’articolazione delle relazioni che i figli possono stabilire».

Ricordiamo che in questa pagina abbiamo raccolto i giudizi più recenti espressi su queste tematiche da psicologi, giuristi e   filosofi. In questa pagina, infine, un elenco di studi scientifici contrari all’adozione per le persone dello stesso sesso.

Fonte: uccronline.it

giovedì 30 gennaio 2014

TUTTI I CONTRACCETTIVI D'EMERGENZA POSSONO CAUSARE ABORTI PRECOCI


di Anna Fusina

Un nuovo studio* pubblicato nei giorni scorsi dal CLI (Charlotte Lozier Institute) riporta evidenze scientifiche che dimostrano come tutti i contraccettivi d'emergenza possano agire come abortivi.
L'autrice, Susan E. Wills, esamina lo stato attuale della scienza relativamente ai tre tipi più comuni di contraccezione d'emergenza disponibili negli Stati Uniti: la spirale al rame (commercializzata come ParaGard® T 380A Intrauterine Copper Contraceptive), l'Ulipristal acetato (commercializzato come Ella® and ellaOne®) ed il levonorgestrel-contraccettivo d'emergenza o LNG–EC (commercializzato come Plan B®, Plan B One-Step® and Next Choice®) e spiega come gli ultimi studi scientifici relativi a queste metodiche abbiano dimostrato che esse agiscono anche attraverso l'impedimento dell'impianto in utero di embrioni appena formatisi, causando quindi un aborto precoce.
La ricerca mette in luce dapprima la fondamentale differenza che esiste tra l'aborto e la prevenzione delle gravidanza.
E' fondamentale infatti che i termini “aborto” e “gravidanza” siano adeguatamente compresi nel loro reale significato.
La ricercatrice afferma che nel 1965 l'ACOG (American College of Obstetricians and Gynecologists) ha adottato una nuova “orwelliana” definizione del concepimento come “impianto di un ovulo fecondato” al fine di oscurare la realtà.
Riporta anche un parere del Comitato ACOG del 2012 che lo esprime chiaramente: “la contraccezione d'emergenza non è efficace dopo l'impianto; perciò essa non è abortiva.”
Questa affermazione, a parere di Susan Wills, è doppiamente fuorviante perché il Mifepristone (o RU 486, la “pillola abortiva”) è utilizzato anche come contraccettivo d'emergenza in diversi Paesi. Inoltre esso uccide efficacemente gli embrioni fino a sei settimane dopo l'impianto ed è forse solo una questione di tempo prima che la FDA approvi detta pillola per l'uso come contraccettivo d'emergenza.
L'autrice dello studio mette in evidenza gli effetti dello stravolgimento terminologico dei concetti di concepimento, gravidanza e aborto operato ad hoc dall'ACOG.
Non ci si può più riferire all'impianto dell'embrione poiché ciò implica la presenza di un essere umano; - afferma la ricercatrice - l'embrione viene invece chiamato “uovo fecondato” sebbene egli sia un unico essere umano con la sua sequenza completa di DNA.”
Ricorda anche che nelle sue prime ore di esistenza l'embrione segnala alla mamma la sua presenza per ottenere che il sistema immunitario di quest'ultima non sviluppi reazioni immunitarie verso di lui, e spinge il corpo della madre a rilasciare prontamente l'Early Pregnancy Factor (il Fattore Precoce di gravidanza), una proteina immunosoppressiva rilevabile nel sangue materno fin dalle 24 ore dopo la fecondazione.
I termini “fecondazione” e “concepimento” sono in realtà sinonimi e segnano l'inizio di un nuovo essere umano, l'inizio della gravidanza.
Secondo la concezione ACOG invece la gravidanza inizia solo quando un embrione si impianta nella mucosa uterina (endometrio).
Ma “gli embrioni incapaci di impiantarsi muoiono” - sottolinea la Wills.
Attraverso l'uso di mezzi che includono il blocco dell'impianto dell'embrione (contraccezione d'emergenza) si consente dunque così la morte di un bambino entro la sua prima settimana di vita in utero, evitando che si possa parlare in questo caso di aborto.
Susan Wills, effettuando una revisione della letteratura medico-scientifica, ha scoperto che le tre forme più comuni di contraccezione d'emergenza possono agire bloccando l'impianto di un ovulo fecondato.
Gli studi più recenti, utilizzando metodi precisi e rigorosi per valutare i meccanismi d'azione dei contraccettivi d'emergenza - sostiene la Wills - forniscono prove inconfutabili che l'azione pre-ovulatoria, cioè contraccettiva (per esempio il ritardo o l'inibizione dell'ovulazione e l'interferenza con la mobilità degli spermatozoi) non può essere considerata la sola causa dell'efficacia della contraccezione d'emergenza nell'impedire l'instaurarsi di gravidanze.”
A conferma di ciò, la ricercatrice propone la sua analisi relativa allo stato attuale della scienza riguardo ai più comuni tipi di contraccezione d'emergenza disponibili negli Stati Uniti: la spirale al rame, l'Ulipristal acetato ed il levonorgestrel-contraccettivo d'emergenza.
Riguardo alla spirale al rame (ParaGard® T 380), la studiosa evidenzia che essa emette ioni di rame, creando un ambiente tossico per spermatozoi, ovuli ed embrioni e ricorda come l''FDA ne elenchi tre meccanismi d'azione: “l'interferenza con il trasporto dello sperma o con la fecondazione, e l'impedimento dell'impianto.“Ma quando Paragard viene usata come “contraccettivo d'emergenza” ed inserita 1-5 giorni dopo il rapporto sessuale - aggiunge la ricercatrice - gli spermatozoi sono arrivati da tempo nelle tube di Falloppio e la fecondazione può già avere avuto luogo.”
Paragard può dunque agire interferendo con l'impianto ed in questo caso gli embrioni, incapaci di impiantarsi, muoiono.
Relativamente all'Ulipristal acetato (ellaOne®, la cosiddetta pillola dei 5 giorni dopo), Susan Wills afferma che questa pillola agisce bloccando i recettori del progesterone nell'endometrio e che questa azione può impedire che quest'ultimo diventi capace di ricevere e nutrire l'embrione. EllaOne può quindi vanificare l'impianto e nella più potente formulazione di RU 486, può privare un embrione impiantato (di età gestazionale fino a 9 settimane) dell'ossigeno e della nutrizione di cui ha bisogno per sopravvivere.
Fra le evidenze scientifiche riportate nel suo articolo riguardo ad ellaOne, la ricercatrice sottolinea anche che un'analisi dei dati provenienti da tre studi, pubblicata nel novembre 2013 da Vivian Brache et al., ha rilevato che ellaOne ritarda l'ovulazione per 5 giorni solamente nel 58,8% (20/34) dei cicli.
Prendendo in considerazione il Plan B (levonorgestrel-contraccettivo d'emergenza, la cosiddetta “pillola del giorno dopo”), la Wills sostiene che tutti gli studi recenti hanno rilevato che Plan B ha un'azione prevalentemente post-fecondazione (abortiva) quando viene somministrato durante il periodo fertile del ciclo di una donna.
A conferma di ciò la Wills ricorda due recenti revisioni della letteratura che criticano gli studi più datati e riferiscono sui risultati di nuovi, più ampi studi che hanno utilizzato metodi più accurati.
La prima revisione, pubblicata in Gynecological Endocrinology da Bruno Mozzanega ed Erich Cosmi (Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Università di Padova) - sostiene la ricercatrice - critica senza risparmio una dichiarazione congiunta del Consorzio Internazionale per la Contraccezione di Emergenza (ICEC) e della Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (FIGO).
La dichiarazione congiunta ha affermato che "il principale e forse unico" meccanismo di azione del LNG - contraccettivo d'emergenza è l'"inibizione o il ritardo dell'ovulazione" e che "le pillole di LNG–contraccettivo d'emergenza non possono impedire l'impianto".”
Afferma poi che: ”Mozzanega e Cosmi spiegano che le conclusioni di ICEC/FIGO erano derivate da un revisione di soli sette studi per un totale di soli 142 pazienti che sono stati ulteriormente suddivisi in diversi sottogruppi (rendendo impossibili conclusioni statisticamente significative). La metodologia difettosa caratterizza alcuni dei sette studi; le "conclusioni" sono state contraddette dai risultati effettivi in altri, e più estesamente, studi più rigorosi sono stati completamente ignorati.”
Susan Wills ricorda poi che nel dicembre 2013 Rebecca Peck e Juan R. Vélez, hanno pubblicato una esaustiva revisione della letteratura scientifica sul meccanismo di azione di Plan B e che in detta review, dopo aver sottolineato gli errori e le incongruenze negli studi che pretendono di dimostrare che il meccanismo d'azione di Plan B sia solo o prevalentemente pre-ovulatorio (contraccettivo), gli autori hanno esaminato diversi studi ampi e rigorosi che dimostrano un'alta probabilità del meccanismo post-fecondazione (abortivo) di Plan B.
Nella sua analisi, la ricercatrice afferma anche che risultati intermedi e finali di uno dei più grandi studi condotti fino ad oggi su Plan B sono stati pubblicati nel 2010 e nel 2011 da Gabriela Noé e colleghi.
Questi studi, secondo la Wills, dimostrano che Plan B (levonorgestrel-contraccettivo d'emergenza, la “pillola del giorno dopo”) può ritardare l'ovulazione quando somministrato prima o all'inizio del periodo fertile, periodo in cui la probabilità di gravidanza è scarsa e, quindi, non esso è "necessario" per prevenire la gravidanza; quando somministrato dopo il rapporto sessuale nel periodo fertile e prima del picco di LH che induce l'ovulazione, Plan B fallisce come contraccettivo l'80-92% delle volte e agisce invece come un abortivo, eliminando tutti gli embrioni che probabilmente sono stati concepiti.
La ricercatrice osserva inoltre che nel novembre 2013 l'analisi di Brache et al., condotta comparando i dati di alcuni studi sulla contraccezione d'emergenza, ha confrontato l'efficacia di LNG (Plan B), Ulipristal acetato (Ella), un terzo contraccettivo d'emergenza (meloxicam), LNG + meloxicam, e placebo e che i risultati ottenuti da questa analisi forniscono il sostegno alle conclusioni di Peck/ Vélez e Mozzanega/Cosmi sul fatto che Plan B sia solo minimamente efficace nel ritardare l'ovulazione quando somministrato nel periodo fertile immediatamente precedente l'ovulazione.




lunedì 27 gennaio 2014

Convegno sull’obiezione di coscienza dei farmacisti

Mercoledì 5 febbraio, presso la Sala Aldo Moro di Montecitorio, si terrà il convegno “L’obiezione di coscienza dei farmacisti: tra bioetica, deontologia professionale e biodiritto”. Interverranno come relatori: Prof. Filippo Maria Boscia, Direttore della Clinica Ostetrico-Ginecologica dell’Università di Bari, Dott. Bruno Mozzanega, Professore della Clinica Ostetrico-Ginecologica dell’Università di Padova, Dott. Giacomo Rocchi, Consigliere della Corte di Cassazione, Dott. Piero Uroda, Farmacista. Moderatori dell’incontro saranno l’On. Gian Luigi Gigli, Membro della Commissione Affari Sociali alla Camera, ed il Sen. Lucio Romano, Capogruppo Per l’Italia al Senato.
L’argomento verrà sviluppato approfondendo vari aspetti, da quello medico-scientifico a quello giuridico, per passare a quello deontologico-professionale. Sono previsti interventi di Parlamentari di diversi Gruppi politici per allargare la discussione ad ambiti politico-legislativi.
Proposto e sostenuto dall’On. Gian Luigi Gigli e dall’UCFI (Unione Cattolica Farmacisti Italiani), l’evento vede la collaborazione di varie Associazioni Cattoliche e pro vita, segno concreto della volontà di operare insieme per dei fini comuni. Come più volte rimarcato, le problematiche degli operatori sanitari che si trovano in prima linea nella difesa della Vita, non possono essere relegate ai singoli ambiti professionali, ma interessano e coinvolgono tutti noi come semplici uomini: vi sono infatti dei valori non negoziabili che sono a fondamento della nostra esistenza quotidiana. Sarà un’occasione per un confronto serio e costruttivo anche tra coloro che hanno posizioni diverse: ciascuno potrà dare il proprio contributo per arricchire il dialogo e la conoscenza.
Questo importante incontro è stato proposto come appuntamento a sostegno della Giornata Nazionale per la Vita del 2 febbraio, per sottolineare, anche se non dovrebbe essere necessario, lo stretto legame tra obiezione di coscienza e rispetto per la Vita. Auspichiamo che l’impegno profuso dai singoli in questa occasione possa diventare motore trainante per una collaborazione duratura nella creazione di una rete a supporto di ogni opportunità in difesa della Vita.

Dr. Giorgio Falcon – Delegato regionale dell’UCFI per il Triveneto
 
 http://www.ucfivenezia.it                                                                                     


domenica 26 gennaio 2014

U.N.A.R.: SCUOLA, GIORNALI E PENSIERO UNICO


di Anna Fusina





Durante la seduta n.154 del 17 gennaio scorso, nell'ambito dello svolgimento delle interpellanze parlamentari urgenti, è stata presa in esame l'interpellanza presentata dall'On. Gianluigi Gigli relativamente alla “Compatibilità con il quadro normativo costituzionale ed internazionale del documento «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere» adottato dall'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, e delle connesse iniziative poste in essere dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca” (n. 2-00369).

Gianluigi Gigli, dopo essersi dichiarato insoddisfatto della risposta fornita dal Sottosegretario per l'istruzione, l'università e la ricerca, Dr. Marco Rossi-Doria, ai quesiti posti dalla sua interpellanza, ha affermato che oggi “sta sviluppandosi sotto i nostri occhi un'azione a tenaglia per imporre all'opinione pubblica di questo Paese l'ideologia del gender, un'ideologia che da un lato mira a introdurre una sorta di reato di opinione per tenere buona poi l'opinione pubblica, ma dall'altro si avvale di strumenti persuasivi – e anche di persuasione, per così dire, molto invogliante – che mirano a produrre lo stesso identico effetto: la diffusione dell'ideologia del gender.”

Ha spiegato poi come l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (U.N.A.R.), all'interno delle sue pubblicazioni che il Ministero in qualche modo poi traduce e sponsorizza nel mondo della scuola, ritenga che «gli incitamenti all'odio e alla discriminazione occupano ancora uno spazio rilevante nelle dichiarazioni provenienti da autorità pubbliche e rappresentanti delle istituzioni politiche ed ecclesiastiche, e sono veicolate costantemente dai giornali italiani» e ci informi poi che non è solo l'insulto oppure la discriminazione reale a segnalare l'odio: è anche l'”incitamento all'odio” attraverso la propaganda di idee o di messaggi o attraverso la negazione o il ridimensionamento di fatti o eventi storici, se è finalizzato a gettare discredito.

Occorre dunque stare attenti a ciò che si dice: si potrebbe essere tacciati di odio sebbene non se ne avesse la benché minima intenzione.

L'On. Gigli ha affermato che l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali pubblica, valorizza e diffonde slogan come quello secondo cui «il matrimonio non esiste in natura, mentre in natura esiste l'omosessualità, persino nel mondo animale», per cui secondo l'U.N.A.R. non sarebbe corretto a questo punto parlare di famiglia tradizionale, intesa come famiglia naturale, mentre, secondo lo stesso ente, si può e si deve parlare di matrimoni, riferiti alle convivenze omosessuali.

Appoggiandosi poi sulla Corte europea dei diritti dell'uomo – ha dichiarato Gianluigi Gigli - l'UNAR propaganda il diritto degli omosessuali ad essere genitori, arrivando a spacciare per studi scientifici delle dichiarazioni di società professionali come l’American psychoanalytic association e l’American academy of pediatrics, che come è normale – vengono adottate a maggioranza non per esigenze di natura scientifica, ma per esigenze di natura ideologica che nulla hanno a che fare con la ricerca scientifica”.

Ha evidenziato inoltre come l'UNAR si sia poi preoccupato di sostenere il politically correct anche condizionando i giornali attraverso l'organizzazione di una serie di seminari per spiegare ai giornalisti “come devono parlare”, tenendo quindi per questi ultimi dei veri e propri corsi di rieducazione. Ne cita un esempio: “quando due omosessuali maschi pretendono di avere figli, possono farlo a questo mondo solo attraverso l'adozione, lì dove permessa, oppure – forzando le leggi della natura – ricorrendo alla fecondazione artificiale. Anche questa, tuttavia, non ha bisogno solo di una donatrice di ovuli, ma anche di un utero in affitto.”

Il termine «utero in affitto», dice Gigli - “era un tempo accettabile anche per il movimento femminista che rifiutava giustamente una concezione della donna come incubatrice per conto terzi. Questa terminologia inoltre suonava come condanna per l'implicito sfruttamento della donna il cui utero diventava oggetto della locazione. Oggi per il pensiero unico le stesse pratiche debbono essere rivalutate e ridefinite in modo politically correct. Pertanto, secondo l'UNAR – così dice ai giornalisti –, non si può parlare di utero in affitto, terminologia fortemente sconsigliata, ma piuttosto di gestazione di sostegno oppure di gestazione per altri. In tal modo, da sfruttamento neocoloniale delle donne dei Paesi in via di sviluppo l'utero in affitto si trasforma per il linguaggio politically correct in un gesto di puro altruismo.”

Oggi, secondo Gianluigi Gigli, il Dipartimento delle pari opportunità, attraverso l'UNAR, si sta trasformando lentamente, riguardo all'ideologia del gender, in una sorta di nuovo Minculpop, il Ministero della cultura popolare del regime fascista e nel programma di rieducazione dei giornalisti il Minculpop dell'U.N.A.R. manifesta chiaramente il suo pensiero quando parla del contraddittorio.

Alla voce «contraddittorio» infatti – ricorda l'Onorevole, citando testualmente l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali - l'U.N.A.R. sostiene che quando si parla di tematiche LGBT, è frequente che giornali e televisioni istituiscano un contraddittorio: se c’è chi difende i diritti delle persone LGBT si dovrà dare voce anche a chi è contrario.“ Ma ciò non è affatto ovvio.

Ne è la dimostrazione il modo stesso in cui è stato costruito il documento “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere»
per il quale – come riportato nell'interpellanza – sono state consultate e riportate in elenco 29 associazioni LGBT e nessuna associazione delle famiglie.

Siamo di fronte a quello che si chiama, secondo il Papa, «pensiero unico del progressismo adolescenziale» - ha detto Gigli, ricordando poi che il Papa “è arrivato ad ammonirci di non cercare la normalità potremmo dire l'omologazione – sentendo le parole della moda“.

Ha manifestato poi al Sottosegretario per l'istruzione, l'università e la ricerca, Dr. Marco Rossi-Doria il suo fondato timore che questo pensiero unico, il contrario del pensiero critico che la scuola dovrebbe promuovere, stia penetrando anche nella scuola e stia espropriando lentamente il ruolo educativo delle famiglie.






























































giovedì 23 gennaio 2014

Interpellanza On Gigli su penetrazione ideologia LGBT nelle scuole

  • Testo INTERPELLANZA

Atto a cui si riferisce:
C.2/00369 l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (U.N.A.R.), ente governativo istituito all'interno del Dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha...
 

 Atto Camera

 Interpellanza urgente 2-00369 presentato da GIGLI Gian Luigi

testo di Martedì 14 gennaio 2014, seduta n. 151

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
 l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (U.N.A.R.), ente governativo istituito all'interno del Dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha approvato in data 29 aprile 2013 il documento denominato «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere» (2013-2015);
 il documento, che contiene le linee guida per l'applicazione dei princìpi contenuti nella Raccomandazione CM/REC (2010) 5 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, volta a combattere la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale o l'identità di genere, è stato adottato successivamente alle dimissioni del Governo Monti ed in regime di ordinaria amministrazione, senza essere stato sottoposto alla valutazione e al dibattito parlamentare, dopo, peraltro, che il precedente Governo, a guida Berlusconi, aveva espressamente ritenuto di non assumere alcun provvedimento per 31 marzo 2010;
 il documento è stato, inoltre, adottato omettendo la consultazione di tutte le parti sociali interessate, con specifico riguardo ai genitori ed ai docenti, violando secondo gli interpellanti in tal modo non solo il principio ribadito all'interno dello stesso documento (pagina 16) e relativo alla necessità di un coinvolgimento di «tutti gli attori della comunità scolastica, in particolar modo le seguenti categorie: gli studenti, i docenti e le famiglie», ma anche il principio previsto nella stessa Raccomandazione CM/Rec(2010)5 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, – di cui è emanazione –, nella parte in cui invita espressamente gli Stati membri a «tenere conto del diritto dei genitori di curare l'educazione dei propri figli» nel «predisporre e attuare politiche scolastiche e piani d'azione per promuovere l'uguaglianza e la sicurezza e garantire l'accesso a formazioni adeguate o a supporti e strumenti pedagogici appropriati per combattere la discriminazione» (Allegato VI Istruzione, n. 31); in realtà, come si evince dal decreto di costituzione del Gruppo nazionale di lavoro emanato in data 20 dicembre 2012 nessuna associazione familiare o associazione professionale dei docenti è stata coinvolta, mentre si è ritenuto di limitare la partecipazione al gruppo di lavoro a ben ventinove associazioni LGBT;
 il medesimo documento contempla, in particolare, uno specifico punto strategico (4.1. Asse Educazione e Istruzione) per diffondere la teoria del gender nelle scuole, attraverso anche iniziative volte ad offrire ad alunni e docenti l'elaborazione del processo di accettazione del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere; tutto questo attraverso l'attuazione di misure, che devono comprendere «la comunicazione di informazioni oggettive sull'orientamento sessuale e l'identità di genere, per esempio nei programmi scolastici e nel materiale didattico, nonché la fornitura agli alunni e agli studenti delle informazioni, della protezione e del sostegno necessari per consentire loro di vivere secondo il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere»;
 il documento dell'UAR prevede espressamente, tra l'altro, l'obiettivo strategico di «ampliare le conoscenze e le competenze di tutti gli attori della comunità scolastica sulle tematiche LGBT», di «garantire un ambiente scolastico sicuro e gay friendly», di «favorire l’empowerment delle persone LGBT nelle scuole, sia tra gli insegnanti che tra gli alunni», nonché di «contribuire alla conoscenza delle nuove realtà familiari, superare il pregiudizio legato all'orientamento affettivo dei genitori per evitare discriminazioni nei confronti dei figli di genitori omosessuali», anche attraverso:
 a) la «valorizzazione dell’expertise delle associazioni LGBT in merito alla formazione e sensibilizzazione dei docenti, degli studenti e delle famiglie, per potersi avvalere delle loro conoscenze» anche per «rafforzare il legame con le reti (LGBT) locali»;
 b) «la consultazione delle associazioni LGBT, così come avviene per il tema del contrasto della violenza sulle donne»;
 c) il «coinvolgimento degli Uffici scolastici regionali e provinciali sul diversity management per i docenti»;
 d) la «predisposizione della modulistica scolastica amministrativa e didattica in chiave di inclusione sociale, rispettosa delle nuove realtà familiari, costituite anche da genitori omosessuali», un probabile riferimento, ai tentativi di sostituire l'indicazione della paternità e maternità con i termini di genitore 1 e 2;
 e) l’«accreditamento delle associazioni LGBT, presso il Ministero dell'istruzione dell'Università e della Ricerca, in qualità di enti di formazione»;
 f) l’«arricchimento delle offerte di formazione con la predisposizione di bibliografie sulle tematiche LGBT e sulle nuove realtà familiari, di laboratori di lettura e di un glossario dei termini LGBT che consenta un uso appropriato del linguaggio»;
 g) la «realizzazione di percorsi innovativi di formazione e di aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni sulle materie antidiscriminatorie, con un particolare focus sul tema LGBT sullo sviluppo dell'identità sessuale nell'adolescente, sull'educazione affettivo-sessuale, sulla conoscenza delle nuove realtà familiari», formazione che «dovrà essere rivolta non solo al corpo docente e agli studenti (con riconoscimento per entrambi di crediti formativi) ma anche a tutto il personale non docente della scuola (personale amministrativo, bidelli eccetera)»;
 dal canto suo, infine, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, aderendo alle sollecitazioni dell'UAR, ha avviato una campagna informativa attraverso la pubblicazione di sussidi didattici come quello «Tante diversità. Uguali diritti: Omofobia», l'attivazione del sito www.noisiamopari.it all'interno del sito del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, oltre che l'attivazione già nel 2013 di percorsi formativi sulle tematiche LGBT destinati alle figure apicali delle amministrazioni centrali (Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e USR) e locali;
 ad avviso degli interpellanti il citato documento e le modalità con le quali è attuato, non appaiono rispettosi delle «Linee di Indirizzo sulla partecipazione dei Genitori e Corresponsabilità Educativa», diramate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 22 novembre 2012, laddove prevedono il diritto dei genitori alla «corresponsabilità educativa» e costituiscano violazione delle disposizioni dell'articolo 30 della Costituzione italiana che garantisce e tutela il diritto dei genitori ad educare i propri figli, espropriando di fatto la famiglia – ambito privilegiato e naturale di educazione – del compito di formazione in campo sessuale e disconoscendo il fatto che la stessa famiglia rappresenti l'ambiente più idoneo ad assolvere l'obbligo di assicurare una graduale educazione della vita sessuale, in maniera prudente, armonica e senza particolari traumi;
 sempre ad avviso degli interpellanti sia il documento che la sua modalità di attuazione si pongono in palese contrasto con l'articolo 18 e con l'articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo: il primo garantisce la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, i propri valori religiosi nell'educazione, mentre il secondo attribuisce ai genitori il diritto di priorità nella scelta di educazione da impartire ai propri figli –:
 se non intenda approfondire l'effettiva conformità del citato documento «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (2013-2015)» e delle azioni messe in campo dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rispetto alla ratio del quadro costituzionale e normativo richiamato in premessa.
 (2-00369) «Gigli, Dellai, Sberna».

Fonte:
http://parlamento17.openpolis.it/atto/documento/id/26634

martedì 21 gennaio 2014

L'Arcivescovo: mi sto unendo alla Marcia per la Vita per mio fratello con la sindrome di Down


(traduzione a cura di Anna Fusina)

L'Arcivescovo Joseph E. Kurtz, Presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti, ha pubblicato sul suo blog i motivi per cui sta progettando di unirsi alla Marcia per la Vita di Washington (D.C.) in programma domani 22 gennaio.
Ce ne dà notizia LifeSiteNews.com
L'arcivescovo Kurtz ha affermato:

- "Marciamo in ricordo di chi è caduto per l'aborto.
- "Marciamo per i bambini senza voce, per difendere il loro diritto alla vita - soprattutto per coloro che, come mio fratello Georgie, sono nati con la sindrome di Down e le cui vite troppo spesso sono considerate indegne di vedere la luce del giorno.
- "Marciamo per le donne che avendo preso in considerazione l'aborto, attraverso il nostro interessamento per i loro bisogni, troveranno la forza di scegliere la vita.
- "Marciamo in solidarietà con le madri che stanno soffrendo nel post-aborto, lavorando verso il giorno in cui nessuna donna dovrà più soffrire come loro.
- "E marciamo in ringraziamento per le madri biologiche che, nonostante molte avversità, hanno dato ai loro figli il dono della vita ed una famiglia adottiva per farli crescere."

L'Arcivescovo Kurtz ha osservato che nei 41 anni da Roe vs. Wade e Doe vs. Bolton "più di 55 milioni di bambini innocenti hanno perso la vita per l'aborto negli Stati Uniti".
Ha aggiunto: "Innumerevoli madri, spesso soffrendo fisicamente, emotivamente e spiritualmente sono abbandonate nel silenzio. Anche altre persone soffrono: gli uomini che hanno perso la loro paternità, i nonni a cui mancano i nipoti ed i bambini privati ​​dei fratelli".

(articolo originale in http://www.lifesitenews.com/blog/archbishop-im-joining-march-for-life-for-my-brother-with-down-syndrome)






lunedì 20 gennaio 2014

Una firma in difesa dell'educazione scolastica senza ideologie

Perché tanta pubblicità alle tesi di lesbiche, gay bisessuali e trans, nelle scuole italiane?

 

Roma, (Zenit.org) Antonio Brandi 

Pro Vita propone una petizione in difesa dei bambini contro le direttive scolastiche che favoriscono la diffusione dell’ideologia di lesbiche, gay, bisessuali e trans (lbgt)
Non si capisce perché l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) , che opera all’interno del Dipartimento delle Pari Opportunità, abbia iniziato la sua campagna di indottrinamento dei nostri bambini, dei nostri ragazzi e degli insegnanti nelle scuole e nelle università sulla cosiddetta “identità di genere” e sulla “parità di tutti gli orientamenti sessuali”.
Corsi di formazione all’Università di Padova, lezioni di aggiornamento per gli insegnanti organizzati dal Comune di Venezia, istruzioni ai giornalisti su come scrivere riguardo le tematiche Lesbiche Gay, Bisessuali e Trans (LGBT), fondi stanziati dalla Statale di Milano ad organizzazioni LGBT a scopo “educativo”, concorsi di “formazione” sulle tematiche LGBT presso varie scuole come il liceo Giordano Bruno di Roma, l’Amerigo Vespucci di Vibo Marina, ecc.
Questa ideologia è stata ripresa nel Decreto Legge Carrozza che all’art. 16, lettera d, ha scritto “la formazione dei docenti all’aumento delle competenze relative all’educazione, all’affettività, al rispetto delle diversità e delle pari opportunità di genere ed al superamento dei stereotipi di genere”.
La macchina istituzionale e i media stanno  promuovendo sempre di più la parità di tutti gli orientamenti sessuali e dell’identità di genere. Il pretesto classico sono le “pari opportunità” e la “non discriminazione”.
Che cosa c’entra il razzismo con le pratiche sessuali particolari di alcune persone?
E poi, ridurre le persone alla singola pratica sessuale e addirittura ghettizzarle in categorie come lesbiche, gay, bisessuali e trans, non è forse una politica che favorisce la discriminazione?
Per queste ragioni Pro Vita ha lanciato una petizione per difendere i nostri bambini ed i nostri ragazzi, da questi “strani insegnamenti”.
La petizione sarà inviata al Presidente del Consiglio dei Ministri; al Ministro degli Interni; al Ministro dell’Istruzione; al Ministro per le Pari Opportunità; al Ministro della Salute; all’Autorità Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza; alla Commissione Parlamentare per l’infanzia.
Per sottoscrive la petizione cliccare sul link che segue:http://www.prolifenews.it/petizione-contro-la-strategia-dellunar-e-le-direttive-delloms-proteggiamo-bambini/
Gli italiani sono per la difesa dei bambini e per la famiglia. Non ha senso che le istituzioni preposte all’educazione insegnino una cultura che stravolge i parametri antropologici e naturali sui quali si è sviluppata la società umana.
Chi non abbia ancora firmato l’appello si affretti a farlo ed a diffonderlo.
http://www.prolifenews.it/petizione-contro-la-strategia-dellunar-e-le-direttive-delloms-proteggiamo-bambini/
In due settimane  la petizione di Pro Vita, ha raccolto quasi 4000 adesioni. Ringraziamo tutti coloro che l'hanno sottoscritta fino a questo momento e, continuando la raccolta di firme, invitiamo quelli che non l'avessero ancora fatto ad aderire a quest'importante iniziativa:
Abbiamo bisogno del sostegno di tutti per contribuire a frenare un’ideologia che investe il delicato campo dell'educazione. Un’ ideologia che vorrebbe indottrinare i nostri figli verso pratiche sessuali particolarmente“strane”.  
       

 

sabato 18 gennaio 2014

Caro Gesù ti scrivo

Lettera speciale di una bambina affetta da trisomia 21

 

 

Roma, 18 Gennaio 2014 (Zenit.orgAntonio Gaspari 

Il 12 dicembre scorso la maestra di una scuola elementare di Castellana Grotte in Puglia ha dato un compito scritto.
Il tema era: “Scrivi una lettera a Gesù Bambino immaginando di essere uno dei re Magi: cosa porteresti in dono a Gesù?”
Una bambina di nove anni affetta da sindrome di Down ha scritto:
“Caro Gesù Bambino mi chiamo Maria Ester e sono una bambina bella.
Se io fossi una dei Re magi ti porterei in dono la gioia.
Ti darei la mano quando sei solo, per farti compagnia.
Quando sorridi, io sorriderei con te e, per darti coraggio quando 
sei con le persone che non conosci, ti metterei una mano sulla testa.
Ti donerei una bella coperta per riscaldarti e una carezza per coccolarti se piangi.
Caro Gesù ti aspetto!
Tanti baci da Maria Ester Calò"
Donatella e Giusi Calò, genitori di Maria Ester, ci hanno scritto in redazione per “condividere con tutti la gioia di cui Gesù e Maria ci hanno riempito per il dono ricevuto da nostra figlia Maria Ester di nove anni con sindrome di Down”.
Lo scritto di Maria Ester ha infatti conseguito il 1° Premio ex aequo al IV° Concorso – Natale 2013 “Lettera a Gesù Bambino”, organizzata dall’Oratorio Santa Rosa. Alla selezione hanno partecipato 380 alunni della scuola primaria.
“Il nostro desiderio – hanno aggiunto - è incoraggiare i genitori di bambini diversamente abili che ancora non credono nelle potenzialità dei loro figli; è necessario lottare con l’aiuto del Signore, molti di loro possono imparare a scrivere anche in corsivo ed esprimere sentimenti nobili e profondi che scaldano i cuori, persino i più induriti”.
“In questo percorso – hanno spiegato Donatello e Giusi - ci siamo abbandonati nelle braccia amorevoli del nostro Padre Santo, consegnandogli questa bambina che non ci appartiene; l’abbiamo accolta pur sapendo della sua diversità già prima che nascesse, ci ha cambiato la vita riempiendoci di gioia e di allegria. La vita è un dono!”.
(18 Gennaio 2014) © Innovative Media Inc.




martedì 14 gennaio 2014

Papa Francesco: "Spaventoso" che ci siano bimbi abortiti "che non vedranno mai la luce del giorno"

Nel primo discorso agli "Stati del mondo", indirizzato annualmente agli ambasciatori accreditati presso il Vaticano, il Papa ha detto che "è spaventoso pensare che ci siano bambini, vittime di aborto, "che non potranno mai vedere la luce del giorno."Parlando domenica a circa 180 diplomatici stranieri, Papa Francesco ha iniziato dicendo che la pace è "minacciata da ogni negazione della dignità umana, in primo luogo la mancanza di accesso ad un'alimentazione adeguata" e che In mezzo alla grande fame, il cibo è spesso sprecato nella "cultura dell'usa e getta".
"Purtroppo, ciò che viene buttato via non sono solo cibo e oggetti superflui, ma spesso gli stessi esseri umani, che vengono scartati come 'inutili'", ha aggiunto il Santo Padre."Per esempio, è spaventoso persino pensare che ci siano bambini, vittime dell'aborto, che non vedranno mai la luce del giorno, bambini che sono utilizzati come soldati, maltrattati e uccisi in conflitti armati, e bambini che sono acquistati e venduti in quella forma terribile di schiavitù moderna qual è tratta di esseri umani, che è un crimine contro l'umanità".
Padre Frank Pavone, Direttore di Priests for Life, ha elogiato le osservazioni del Papa.
"Papa Francesco, nel suo recente intervento, continua ad articolare una coerente visione morale, poichè cita l'aborto e la fame nel medesimo contesto,"- ha detto Pavone a LifeSiteNews.com -
«Se è sbagliato che i bambini siano privati del cibo, è sbagliato che siano privati della vita. Combattere la povertà ma prendere una posizione pro-choice è a dir poco folle ed illogico". L'inclusione di osservazioni circa la sacralità della vita umana e la famiglia nel discorso annuale di Capodanno al corpo diplomatico della Santa Sede è
stata una tradizione degli ultimi due Papi.
Nel suo discorso al corpo diplomatico dello scorso anno, Papa Benedetto XVI ha chiamato  i governi di tutto il mondo a promuovere la pace basata sulla "protezione degli esseri umani e dei loro diritti fondamentali". " Primo tra tutti", ha detto, è "il rispetto per la vita umana in ogni fase". Nel 2008, Benedetto XVI ha utilizzato il discorso annuale per mettere in guardia i governi di tutto il mondo contro l'attacco alla famiglia fondata sul matrimonio di "un uomo e una donna."Papa Giovanni Paolo II ha pure utilizzato il discorso di inizio anno agli Stati del mondo per evidenziare gli attacchi ai bambini nel grembo materno. Nel 2002, Papa Giovanni Paolo II ha compilato una lista di otto "grandi sfide che ci attendono."
In cima alla lista c'erano "la difesa della sacralità della vita umana in tutte le circostanze, in particolare in relazione alle sfide poste dalla manipolazione genetica" e "la
promozione della famiglia, cellula di base della società."

Traduzione a cura di Anna Fusina

Fonte: vitanascente.blogspot.it

venerdì 10 gennaio 2014

Risvegliare l'opinione pubblica per tutelare la famiglia

L'onorevole Gian Luigi Gigli (Per l'Italia) spiega i rischi di una legge contro l'omofobia o sulle unioni civili ed illustra la linea del suo gruppo parlamentare

 

Roma, (Zenit.org) Luca Marcolivio 

L’approvazione del progetto di legge Scalfarotto contro l’omofobia, è un fatto ormai probabile, pertanto i suoi oppositori in Parlamento dovranno attrezzarsi per depotenziarne il più possibile la portata. È questa la linea suggerita dal gruppo parlamentare Per l’Italia, di cui fa parte l’onorevole Gian Luigi Gigli.
Alla vigilia della Manif Pour Tous di domani, a piazza Santi Apostoli a Roma, e nell’imminenza dell’inizio della discussione in Senato, l’onorevole Gigli, intervistato da ZENIT, ha illustrato la strategia di azione del suo partito su questo tema, soffermandosi poi sulle gravi conseguenze per la libertà di pensiero e, in seconda battuta, sullo stravolgimento della concezione antropologica di famiglia, che la nuova normativa potrebbe portare.
Onorevole Gigli, la discussione del progetto di legge Scalfarotto sta per passare al Senato. Che strategia adotterà il suo gruppo parlamentare?
Gian Luigi Gigli: L’auspicio è quantomeno quello di depotenziare ulteriormente il progetto di legge. Adesso andranno verificate le maggioranze al Senato, tenendo conto che il PD, il M5S, quel che è rimasto di Scelta Civica e una parte cospicua di Forza Italia, presumibilmente voteranno a favore e sono disponibili a farlo quando si parlerà di unioni civili. L’opposizione dovranno farla il Nuovo Centro Destra e la componente popolare separatasi da Scelta Civica, di cui faccio parte. Se, come presumibile, non ci saranno i numeri per bloccare il progetto di legge, bisognerà ripetere il lavoro di depotenziamento della legge, che ha già colto significativi risultati alla Camera, dove pure avevamo una condizione di partenza molto più sfavorevole dal punto di vista numerico. Sono sicuro che il nostro capogruppo al Senato, Lucio Romano - sensibilissimo su questi temi, anche per essere stato presidente di Scienza e Vita - assicurerà la linea giusta.
Che tipo di emendamenti saranno presentati?
Gian Luigi Gigli: La procedura tecnica andrà studiata a tavolino, tuttavia è evidente che la strategia per depotenziare ulteriormente la legge dovrebbe mirare a impedire qualunque possibilità di ipotizzare un reato d’opinione (un rischio reale, come abbiamo visto da alcuni fenomeni di intimidazione verificatisi in giro per l’Italia). Questo rischio in teoria non dovrebbe esserci ed è stato espunto nella bozza approvata alla Camera, ma potrebbe essere strumentalmente agitato da qualche magistrato. Bisogna far sì, dunque, che la fattispecie del reato d’opinione venga cancellata dal testo. Nella bozza c’è poi un compromesso, che come tutti i compromessi non è soddisfacente e che riguarda la possibilità per i cosiddetti “enti di tendenza” (scuole, ospedali, seminari, ecc.), che per loro natura hanno una visione diversa della sessualità o del matrimonio, di venire discriminati, in quanto non rispondenti a tutti i requisiti di “imparzialità” che questa legge imporrebbe. Se qualcuno in qualcuno di questi “enti di tendenza” volesse proporre una visione diversa della vita, potrebbe venire ostracizzato o vedersi tagliati i fondi o le convenzioni. Su questo fronte qualcosa era stato fatto alla Camera, seppure in modo non soddisfacente, quindi dobbiamo fare in modo che venga effettivamente e pienamente tutelata la loro libertà.
Che rischi si corrono sul piano della libertà di espressione o su altri fronti, quali, ad esempio, la promozione della cultura del gender?
Gian Luigi Gigli: Il progetto di legge Scalfarotto si muoveva in quella direzione, tuttavia nel successivo dibattimento esso è stato depurato di ogni esplicito riferimento alla cultura del gender. In ogni caso è inaccettabile lo strumento scelto per evitare odio e discriminazioni nei confronti delle persone omosessuali. È assurdo far passare l’omosessuale come una categoria, quasi una razza a parte, inserendo questi temi nell’ambito della legge Mancino-Reale che concerne l’odio razziale e l’odio religioso ad esso sovente legato. Come è stato autorevolmente rilevato da molti giuristi, per censurare atteggiamenti di odio e discriminazione verso gli omosessuali sarebbe invece bastato applicare l’aggravante dei “futili motivi” o dei “motivi abietti”, qualora siano messi in atti comportamenti o parole ostili. Altrimenti perché estendere questa legge anche per punire altri tipi di discriminazione: se uno prende a schiaffi o offende un bambino perché Down, perché non farlo rientrare nella legge Mancino-Reale, invece di considerarlo semplicemente un atto particolarmente abietto ed odioso al quale applicare l’aggravante? In realtà si è voluto includere gli omosessuali in questa legge semplicemente perché c’era un’ideologia da sostenere. Rimuovere questa impostazione è la cosa più importante da fare per sminare il terreno, ma non so se ci saranno i numeri per farlo.
Le manifestazioni come quella di domani a piazza Santi Apostoli, possono essere utili per risvegliare l’opinione pubblica?
Gian Luigi Gigli: Come già ho spiegato in un articolo su Avvenire, c’è il pericolo di una lenta assuefazione su questi temi. Risvegliare un’opposizione popolare serve anche a contenere le pressioni di determinate lobby. Quindi la manifestazione, se, come è probabile, si manterrà nei limiti della civiltà e della correttezza, senza offese, né abusi, né tantomeno manifestazioni di violenza, credo che possa tornare utile per far maturare una consapevolezza nella pubblica opinione, sia riguardo ai pericoli di questa legge, sia per quello che c’è dietro l’orizzonte. Il problema non è solo la legge in sé, quanto il terreno che essa predispone per altre distorsioni che possono essere fatte. Sull’onda lunga di questa legge, emerge infatti il problema delle unioni civili e delle adozioni da parte delle coppie omosessuali: questo è il terreno su cui bisogna attrezzarsi a fare resistenza e per il quale l’attenzione popolare può essere l’antidoto migliore.
Ha accennato alle unioni civili: che linea andrà tenuta se si dovesse dibattere un progetto di legge in tal senso?
Gian Luigi Gigli: La maggioranza che si oppose nel 2007 non c’è più, bisogna prenderne atto. Tuttavia chi vuole assumersi l’onere di una legge del genere, deve farlo, con la consapevolezza che quella legge sfascia altre leggi e principi. Per quanto riguarda il mio partito, il tema non è stato ancora discusso come eventuale pregiudiziale ad accordi di maggioranza, ma al nostro interno ci sono parecchie persone disposte a votare una sfiducia al governo, qualora dovesse fare sua la proposta di Renzi per una legalizzazione delle unioni omosessuali. Noi riteniamo che le unioni civili siano già ampiamente riconosciute nell’ambito dei codici in vigore: infatti, al di fuori dell’adozione e della pensione di reversibilità, già oggi a qualunque unione di fatto sono garantiti i diritti che verrebbero rivendicati. Quello che bisogna evitare non è tanto che vengano riconosciute queste unioni, ma che il riconoscimento possa essere fatto all’interno del diritto di famiglia, con la conseguenza, sia pure non nell’immediato, dell’adozione e della fecondazione artificiale. Quello che dobbiamo fare è ricondurre il dibattito nell’ambito della libertà di associazione e non del diritto di famiglia. Sono visioni che si rifanno ad articoli diversi della Costituzione: la famiglia è tutelata dagli artt. 29-30-31 della Costituzione, mentre la libertà di associazione è tutelata dagli artt. 2 e 18. Se non stiamo attenti a questo, il rischio è quello di trasformare un’associazione libera – non importa se tra persone omosessuali – in qualcosa che può configurarsi come un “simil-matrimonio”.

 

Italia e Israele insieme per esplorare l'autismo

Domani e domenica, un convegno presso l'Istituto di Ortofonologia di Roma, in collaborazione con il Milman Center di Haifa, per mettere al centro la persona e la dignità umana

 

Roma, (Zenit.org) Anna Fusina 

Esplorare nell’autismo la relazione primaria tra i genitori e i figli coinvolti in un disturbo che ha interrotto in entrambi la capacità di comprensione dello stato mentale dell’altro. Lavorare quindi sul rapporto madre-figlio, padre-figlio, genitori-figlio per superare le difficoltà relazionali nella prima infanzia, che nascono proprio dall’impossibilità del minore di sintonizzarsi con la madre e il padre. È questo il focus del convegno su ‘La nascita del simbolismo nella terapia diadica con il bambino autistico’ che l’Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO) promuove nella Capitale domani 11 e domenica 12 gennaio, in collaborazione con il Milman Center di Haifa (Israele), presso l’Istituto comprensivo Regina Elena i(via Puglie 6), dalle ore 9 alle 18.30. A spiegarci i contenuti, gli obiettivi e la storia di questo confronto internazionale è la Dott.ssa Magda Di Renzo, psicoterapeuta dell’età evolutiva e responsabile del servizio Terapie dell’IdO.
***
Quando è nata la collaborazione tra l’Istituto di Ortofonologia di Roma e il Milman Center di Haifa?
Dott.ssa Di Renzo: Tra l’IdO e il Milman Center esiste una profonda e antica corrispondenza culturale, che sul piano operativo si sta concretizzando da circa due anni attraverso una serie di scambi culturale nostri ad Haifa e loro qui a Roma. In sostanza stiamo cercando di seguire ed articolare una ricerca sul campo che possa contemplare sia i bambini israeliani che italiani. Vogliamo confrontare dati e verificare in modo incrociato i vari interventi, impostando osservazioni comuni per appurare la possibile efficacia delle terapie attraverso uno scambio di strumenti di valutazione. Ad esempio, noi abbiamo portato in Israele il nostro Test sul contagio emotivo (Tce) per valutare il livello di empatia dei bambini seguiti all’interno del Milman Center. D’altro canto, ad Haifa stanno conducendo studi approfonditi sul Manuale diagnostico psicodinamico per mettere in comune invece le conoscenze specifiche di ciascuno.
Qual è la terapia proposta dal centro israeliano?
Dott.ssa Di Renzo: Nel Milman Center si segue un approccio diadico di stampo psicoanalitico. Per dimensione diadica si intende la relazione primaria, perché nel modello israeliano la terapia funziona attraverso incontri madre-figlio, padre-figlio e genitori-figlio così da trovare quella sintonia primaria di ciascun genitore con il bambino e poi della coppia genitoriale con il figlio. Questo approccio favorisce l’attenzione congiunta e mette in moto nel piccolo quel processo di simbolizzazione della capacità cognitiva che nasce dalla dimensione affettiva. Quindi al Milman Center lavorano prima sulla relazione e poi sull’aspetto cognitivo. Nell’intervento che domani terrà Ayelet Erez, psicologa clinica dell’età evolutiva e dell’educazione nonché membro della Clinica per la psicoterapia psicodinamica dell’età evolutiva del Ministero della Salute di Haifa, l’attenzione verrà infatti puntata sul come l’organizzazione cognitiva sia intrinsecamente connessa alla dimensione affettiva. Mi spiego, si lavora affinché sia il bambino a mettere in moto la propria cognizione evitando di dargli concetti già pronti dall’esterno, perché deve essere il piccolo ad arrivare a una sua concettualizzazione per sviluppare quei meccanismi di generalizzazione che sono alla base di qualunque espansione cognitiva.
I due istituti hanno le stesse finalità ma adoperano approcci differenti?
Dott.ssa Di Renzo: Il Milman Center si concentra appunto sulla terapia diadica, intrecciando all'esperienza clinica lo studio dello sviluppo infantile e le teorie relative al disturbo dello spettro autistico. Il suo modello terapeutico fa diventare la casa un laboratorio di vita per le famiglie con bambini autistici. Così, per promuovere la relazione primaria, gli israeliani sottolineano l’importanza di lavorare con i genitori partendo proprio dall’accoglienza delle famiglie e ricreando nel loro centro un habitat che riprende l’ambiente della casa. In questo modo i terapeuti potranno fornire alle famiglie gli strumenti per vivere al meglio la quotidianità. Il tutto all’interno delle molteplici attività proposte dal Milman, che vanno dalla logopedia alla musicoterapia. L’IdO focalizza invece la terapia su un lavoro corporeo che permette al bambino di muoversi verso il mondo per dare un significato alle proprie operazioni e raggiungere così l’integrazione tra i vari aspetti sensoriali e tra la sensorialità e la cognizione. Attualmente il nostro istituto segue oltre 100 bambini autistici attraverso il progetto Tartaruga, che prevede un approccio terapeutico intensivo, integrato e psicodinamico volto a coinvolgere la triade bambino, famiglia e scuola all’interno di numerose attività. Da noi le madri e i padri sono sempre parte attiva della terapia, ma come genitori non come terapeuti, e devono essere aiutati dai terapeuti a sentirsi genitori dei loro bambini.
Cosa si aspetta da questo convegno internazionale?
Dott.ssa Magda Di Renzo: Ci aspettiamo che si rimettano al centro il valore e la dignità dell’individuo e che la patologia non faccia dimenticare che c’è un bambino con le sue potenzialità, i suoi limiti, il suo carattere e le sue specificità. E tutto questo vale anche per i genitori. Mi auguro che il nostro convegno permetta nuove riflessioni, aprendo il dibattito a una dimensione che non sia solo sintomatica. Vogliamo garantire che la ricerca scientifica rimanga sempre aperta e pluridisciplinare su questo disturbo per ridare valore a tutti i contenuti umani della relazione, che non devono essere dimenticati neanche nelle patologie più gravi. Dobbiamo sottolineare l’importanza del rispetto dell’individualità di ogni bambino e della specificità di ogni famiglia, perché venga riposta enfasi sul come aiutare i genitori ad entrare in risonanza con i loro figli. Dobbiamo aiutare le madri e i padri a riflettere sul significato del comportamento dei loro figli anche se autistici, perché c’è sempre un significato anche nella patologia. Infine, mi auguro che questa apertura sia finalizzata a far capire che la diagnosi nell’autismo debba essere qualitativa e non solo quantitativa, tenendo conto di tutti gli aspetti di una persona per non rischiare di dare la stessa diagnosi a bambini tra loro profondamente differenti. Introdurre elementi qualitativi, che prevedono il modo in cui il piccolo si relaziona, significa ridare spessore al bambino che altrimenti rischierebbe di rimanere appiattito da un’etichetta, tanto più se grave.

 

 

Neonati prematuri, li salva il tocco della mamma

Ancora meglio dei farmaci, è il tocco della mamma che stabilizza le condizioni di salute di un neonato e gli garantisce una vita eccellente anche per dieci anni a venire

Soltanto in Italia, in riferimento alle Statistiche dell’OMS, si conta quasi il 7% di bambini nati prematuri, o pretermine. Negli ultimi vent’anni, poi, i casi sono aumentati in maniera notevole e sono una delle prime cause di morte neonatale.
La maggior parte delle nascite premature avviene prima della 36ma settimana, ma vi sono casi molto gravi in cui avviene intorno alla 28ma.

Spesso i bambini necessitano di farmaci specifici, ma secondo uno studio condotto in Israele, la miglior cura sarebbe il tocco della mamma. Cura che offrirebbe non solo benefici immediati, ma vantaggi che durerebbero anche per i successivi dieci anni.
La ricerca, condotta dalla dott.ssa Ruth Feldman, professoressa alla Bar-Ilan University, ha voluto valutare l’impatto del contatto fisico della mamma sui neonati prematuri.
In particolare, è stata presa in considerazione la cosiddetta “Kangaroo Care” (KC) in rapporto alla classica incubatrice: una tecnica ideata nel lontano 1978 dal professore di neonatologia, dr. Edgar Rey Sanabria.

I bambini nati pretermine indossano solo un pannolino e un cappello, e vengono messi in posizione fetale sul petto della mamma, a contatto con la pelle. Alla stregua di un canguro (da qui il nome Kangaroo), il piccolo viene protetto da una sorta di involucro elastico. La mamma ha la possibilità di starci a contatto diverse ore al giorno (o quanto sceglie lei) e di allattarlo esclusivamente al seno. Questa pratica, pressoché sconosciuta in Italia, viene invece altamente raccomandata dall’American Academy of Pediatrics.

Durante lo studio, 73 mamme hanno seguita la tecnica Kangaroo Care per un’ora al giorno, per due settimane. Come controllo, altrettante madri hanno sottoposto i loro bambini alle cure standard di un’incubatrice. Ogni bambino è stato seguito per sette volte nei successivi dieci anni.
I ricercatori hanno così potuto scoprire come, nel corso del primo semestre di vita, le madri del gruppo Kangaroo care siano riuscite anch’esse a ottenere un comportamento più materno nei confronti dei loro bambini. Allo stesso modo anche i loro figli ne hanno tratto giovamento, dimostrando una migliore capacità cognitiva e abilità durante l’esecuzione di test condotti dai 6 mesi fino ai dieci anni di età. Intorno ai dieci anni, infine, si è potuto notare come soltanto i bambini che avevano seguito la KC avevano una migliore risposta neuroendocrina allo stress, un migliore funzionamento del sistema nervoso autonomo e un maggiore controllo cognitivo.

Dallo studio, pubblicato su Biological Psychiatry, si è quindi potuto mettere in evidenza come, ancor più che i farmaci, sia il contatto con la mamma la vera cura per un bambino prematuro e, molto probabilmente, anche garanzia di salute di un bambino nato a termine. Ma quest’ultima ipotesi, anche se più che plausibile, è ancora da verificare.

Fonte: lastampa.it