domenica 10 agosto 2014

Le persone Down, lo «scarto» e la rivoluzione della tenerezza

Avvenire del 10-08-2014


Caro direttore, in questi giorni si sono intrecciate due vicende diverse e lontane che hanno per protagonisti bambini e persone con la sindrome di Down: quella del piccolo Gammy, scampato a un aborto selettivo in Thailandia, e quella del divieto imposto in Francia di mandare in televisione il video Dear future mom Avvenire – di seguire questa logica. Ma la sua vicenda è, allo stesso tempo, un esempio della rivoluzione della tenerezza alla quale il Papa ci invita. Perché ha spostato l’asticella della percezione delle persone con sindrome di Down dalla paura alla compassione, dall’indifferenza alla simpatia. Ha reso insopportabile (qual è sempre) il comportamento, ormai ritenuto moralmente accettabile, di abortire un bambino perché ha un cromosoma in più. Non ha certo cambiato tutto ciò che c’è da cambiare in fatto di disabilità, ma ha ottenuto molto più di tanti dibattiti.
Tutto ciò è avvenuto a partire da una storia e da un volto. E proprio questa è stata l’intuizione di Coordown e di Saatchi & Saatchi, promotori e ideatori del bellissimo video Dear future Mom: far incontrare le future mamme non con un dilemma etico, né con i fantasmi di una vita che rischia di diventare impossibile, ma con volti veri. La chiave del successo del video, che è divenuto, come si dice in questi casi, virale, è appunto la verità: non ci sono infingimenti, non vengono omesse le difficoltà, ma si suggerisce di riconoscere il disabile come persona e di incontrarlo in maniera reale.
Si è detto che questo video avrebbe potuto turbare le coscienze di quanti hanno scelto di abortire dopo aver scoperto la trisomia del feto. Ma siamo sicuri che turbare le coscienze sia qualcosa di riprovevole? Gammy come tutti i protagonisti del video censurato non sono forse l’esempio di come le persone con disabilità possano essere motori di un cambiamento di mentalità proprio a partire dal turbamento che esse ingenerano in chi le incontra? Non dovremmo tutti lasciarci un po’ turbare dai più deboli per essere, almeno un po’, migliori?

Vittorio Scelzo,
Comunità di Sant’Egidio

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