venerdì 7 marzo 2014

AMCI: libera fornitura della RU 486 nei consultori toscani, una preoccupante deregulation

Il parere tecnico con il quale il Consiglio Sanitario della regione Toscana apre alla possibilità di prescrivere e somministrare la pillola RU486 nei consultori-poliambulatori è atto arbitrario, poco convenzionale ma anche violento perché manifesta l’intento utilitaristico di voler gestire la vita umana e particolari momenti di fragilità della donna in modo poco responsabile ed esponendola a dei rischi non indifferenti.
L’AMCI (Associazione Medici Cattolici Italiani) richiede una seria riflessione in relazione alla prevenzione dell’aborto e al sostegno delle gravidanze inattese, con particolare riguardo alle funzioni attribuite dalla legge ai consultori.
Sono molte le perplessità che solleva la dichiarazione freddamente burocratica, diramata dal Consiglio Sanitario della Toscana, che promuove l’effettuazione dell’aborto medico in consultorio, senza la indispensabile continuativa assistenza medica e senza alcuna norma regolatoria di prudenza.
Il documento della Regione Toscana nella sua rozza intrusione non tiene spregiudicatamente per nulla conto dell’obiezione di coscienza sia dei prescrittori sia dei farmacisti erogatori della RU486.
L’aborto determinato dalla RU486 non può avere radice in un Consultorio, notoriamente istituito per legge al fine di promuovere una nuova vita, offrendo accorta informazione sui metodi utilizzabili ove non più accettata.
In considerazione di questa banalizzazione della procreazione umana e della problematica dell’aborto si evince una totale mancanza di consapevolezza circa la gravità delle molteplici situazioni di rischio che potrebbero venire a crearsi.
Il rischio che la donna non più assistita incontra dopo la somministrazione del farmaco la pone in uno status di imprudente solitudine non potendo disporre di un sicuro e pronto aiuto medico al bisogno.
Lasciar sola una donna per garantirle libertà e autonomia e farle realizzare un aborto in totale solitudine e senza alcun sostegno psicologico, oltre che sanitario, in situazioni di emergenza è un vero e proprio atto di violenza.
In concreto si potrebbero perdere due vite: quella dell’embrione e persino quella della gestante.
La decisione del Consiglio Sanitario della Toscana non è presa nel rigoroso rispetto della legge 194, anzi ne risulta in aperto contrasto.
L’articolo 8 della legge 194/78 cita testualmente:
“Nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati, dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione”.
Ci si chiede: dove e in quale realtà territoriale esistono poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati e funzionalmente collegati agli ospedali con requisiti di un servizio ostetrico-ginecologico di un ospedale generale?
I consultori e i poliambulatori italiani non hanno per nulla queste caratteristiche.
Certamente vengono disattesi i tre pareri del Consiglio Superiore di Sanità del 2004, del 2005 e del 2010.
Il CSS ha ritenuto necessario il regime di ricovero ordinario per l’intera procedura abortiva, nelle sue diverse fasi; vengono anche disattese le raccomandazioni dell’AIFA ed eluse le linee guida del Ministero della Salute elaborate nel giugno 2010.
E’ auspicabile che ci sia in ogni caso – a tutela della donna – il massimo delle provvidenze cautelative.
In eventi siffatti occorre abbattere pregiudizi ideologici, occorre spezzare le catene del silenzio, della solitudine e del disagio.
Occorre sì valorizzare lo specifico territoriale dei consultori, ma anche riaffermare la loro centralità come luoghi di counseling e non come strutture medicalizzate, che viceversa non rispettano la precipua vocazione di essere opportune realtà sociali di base, capaci di creare idonee integrazioni a più livelli anche con i servizi del volontariato sociale.
Piuttosto che creare strutture favorenti gli aborti occorre che, attraverso operatività concrete, si realizzino obiettivi di prevenzione di gravidanze indesiderate, di sconfitta dell’aborto facile e soprattutto di quello clandestino.
L’aborto a domicilio fa saltare le norme della legge 194 del 1978, lede la dignità delle donne e le espone a notevoli rischi di complicanze, anche gravi.
Ne segue la grave irresponsabilità del disposto – su cui si potrà sussumere presso le Corti di pertinenza – nel favorire l’aborto farmacologico senza peraltro accompagnarlo con modi tecnici di prudenza e di assistenza
I consultori non siano solo dispensatori di aborto!

IL COMUNICATO E’ ESPRESSIONE UNANIME DEL CONSIGLIO DI PRESIDENZA AMCI

Clicca qui per scaricare il comunicato stampa in formato pdf

Prof. Filippo M. Boscia
Presidente Nazionale

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