venerdì 28 giugno 2013

L'esame speciale di Edoardo

Liceo a pieni voti: oltre il muro della sindrome di down
Ieri mattina ha affrontato la commissione per primo, forte di ottimi voti agli scritti e dei crediti: la sindrome di down non ha fermato Edoardo.

OLBIA. Un cromosoma in più, neppure una chance in meno. Non una scuola tanto per tenere impegnato il tempo, non uno sport fatto per finta, non una notte in discoteca negata. Sandra Varrucciu, mamma di tre figli, ha dettato la linea da subito, da quando il suo primogenito - nato con una sindrome di down - aveva pochi mesi. E ieri Edoardo Capuano, 19 anni, ha raggiunto un traguardo raro per quelli come lui: ha sostenuto l'esame orale della maturità scientifica al liceo Mossa di Olbia. Una maturità e un programma speciale per un ragazzo con esigenze speciali: Edoardo, in base ai crediti e agli scritti è già promosso e ci sono le basi perché il suo sia uno dei voti più brillanti di quest'anno.

LA STORIA. Dietro questa storia c'è una famiglia speciale. Sandra, suo marito Clemente Capuano, Edoardo, l'inseparabile fratello Riccardo, un anno più piccolo, giovane promessa dell'Olbia calcio e Simone, il piccolo di casa. Tutti al liceo, ieri mattina, a sostenere Edo . «Non ho mai avuto problemi con il bambino, - racconta la mamma - solo con le strutture, con la gente. Con quelli che pensano che sei esagerata ad avere certi obiettivi. Io non ho mai visto Edoardo come un diversamente abile, non l'ho mai trattato come tale. Ho preteso che fin dalla scuola materna facesse le stesse cose degli altri. Certo, con i suoi tempi. Non ci si può alzare? Anche lui deve stare seduto, senza trattamenti privilegiati. C'è un lavoretto di manualità e si devono usare le forbici? Anche lui deve farlo. Arriva un po' più tardi degli altri, ma arriva. Una volta, erano alle elementari, hanno chiesto a Riccardo ma tuo fratello è malato? e lui no, non ha la febbre . Per noi è malato chi ha la febbre».

L'ESAME. Edoardo era il primo della sua classe, la V C, ieri mattina, ad affrontare la commissione. È arrivato presto, prima delle otto, per stare con i suoi compagni. Poi è entrato, accompagnato dall'insegnante di sostegno Alessandra Bonelli, e dall'incoraggiamento di un'intera scuola. Sullo schermo scorrono le immagini del cortometraggio sui 150 anni dell'Unità, un progetto che ha visto Edoardo tra i protagonisti. È il lancio per parlare di Garibaldi e del Risorgimento. Per la fisica, il tema è l'elettricità, si usa un gioco didattico. «Edoardo ha un piano personalizzato, ciò significa che ha i suoi obiettivi», spiega Alessandra Bonelli: «Ha frequentato la scuola regolarmente, tutti i giorni, dalla prima all'ultima ora, ha studiato gli stessi argomenti dei suoi compagni, ma con un linguaggio semplificato».

VITA QUOTIDIANA. «Non ho mai detto ad Edoardo, no, questo tu non lo puoi fare . - racconta Sandra Varrucciu - Ho sempre detto, in tutte le cose, proviamo perchè ce la possiamo fare . Ad iniziare dalla scuola. Lui, fin da bambino aveva scelto il liceo scientifico ed eccoci qua, malgrado le tante perplessità della gente che magari pensa che quelli come lui a scuola debbano stare parcheggiati». Edoardo sa cos'è la sindrome di down. «Il professor Albertini, che lo segue a Roma, raccomanda sempre di spiegare ai bambini questa loro caratteristica perché prima o poi lo leggono negli occhi della gente e subentrano i problemi. Edo è molto agevolato dall'avere un fratello quasi coetaneo, nella stessa scuola. Esce, va in pizzeria, in discoteca, vanno dappertutto insieme. Ora vorrebbe fare l'Università ma non ce la sentiamo di mandarlo da solo in un'altra città. I ragazzi come lui sono troppo fiduciosi e possono correre qualche rischio. Quindi si prenderà un anno sabbatico, continuerà a fare teatro e poi vedrà se iscriversi insieme al fratello. Per lui sogno una vita serena, magari con una compagna».

LA SCUOLA. Ottocento ragazzi e mai un gesto sbagliato. La mamma racconta così l'accoglienza del liceo Mossa. «Quando è arrivato Edoardo ero dirigente da appena un anno - racconta Luigi Antolini - e lui era il primo ragazzo con sindrome di down ad affrontare un percorso liceale qui ad Olbia. È stata una bella sfida ma abbiamo fortemente creduto che anche un liceo possa e debba essere una scuola di inclusione mantenendo i suoi obiettivi di formazione. È stato possibile grazie a un lavoro di squadra e alla collaborazione con la famiglia. Edoardo ci ha insegnato tanto».

IL FUTURO. «Ho voluto raccontare la storia di Edoardo per incoraggiare altre mamme», conclude Sandra Varrucciu: «Ne incontro tante, spaventate, con i bambini piccoli, non sanno che futuro li aspetta. Io dico che non è difficile se pensi di avere a che fare con un bimbo qualsiasi». Perchè in fondo, ogni figlio è una sfida diversa.

di Caterina De Roberto


Fonte: L'Unione Sarda

martedì 25 giugno 2013

BAMBINI DOWN


Pubblicato il 5 giugno 2012
Video realizzato per il concorso del Movimento per la Vita "L'Europa di domani è nelle vostre mani" (2012) da Serena Vegni 4^E Liceo Linguistico Grosseto


lunedì 24 giugno 2013

JEROME LEJEUNE "Non abbiate paura!"



Pubblicato in data 05/nov/2012
Video utilizzato in occasione della mostra "Che cos'è l'uomo perchè te ne ricordi? Genetica e natura umana nello sguardo di Jèrome Lejeune" presentata a Rimini in occasione della XXXIII edizione del Meeting per l'Amicizia fra i Popoli. A cura di Associazione Euresis.

Audio in lingua francese, sottotitoli in italiano.
Video originale realizzato dall'Associazione Amici di Jérome Lejeune: http://www.amislejeune.org

    martedì 18 giugno 2013

    Associazione "Il Disegno": mostra su Jérome Lejeune, il genetista che scoprì la Sindrome di Down



     
    L'Associazione di volontariato "Il Disegno - insieme per condividere l'handicap" di Cesena presenterà ed inaugurerà sabato 22 giugno 2013 alle ore 18.00 presso il Giardino Pubblico di Cesena in Corso Ubaldo Comandini, una mostra sul genetista francese Jérôme Lejeune, colui che scoprì la causa della Sindrome di Down, dando il via di fatto alla genetica moderna.
    All'inaugurazione della mostra, intitolata: "Cos'è l'uomo perchè te ne ricordi? Genetica e natura umana nello sguardo di Jerome Lejeune", interverranno Pierluigi Strippoli, Professore Associato di Biologia applicata presso l'Università di Bologna, ed il Dott. Andrea Alberti, Presidente dell'Associazione di volontariato "Il Disegno" di Cesena.
    "Il Disegno" svolge da ormai 30 anni attività con ragazzi disabili, di cui molti affetti da Sindrome di Down; questa mostra mira a far conoscere al maggior numero di persone possibile la figura di Lejeune, l'esempio che è stato ed è tuttora, la grandezza di alcune sue scelte personali e lavorative, la capacità di coniugare la competenza che aveva maturato con impegno e dedizione con il rispetto più profondo per la dignità di ogni singolo essere umano. Prima e dopo la nascita. Le tematiche da lui affrontate risultano ancora di strettissima attualità ed altri illustri genetisti stanno seguendo ancora oggi con grande fatica (carenza di risorse) le sue orme ed il suo esempio.
    La mostra, che è stata presentata per la prima volta a Rimini nell'agosto 2012, in occasione del Meeting per l'amicizia fra i popoli ed ha successivamente girato l'Italia fino ad approdare a Cesena,  sarà in esposizione dal 22 al 24 giugno 2013 nel contesto della manifestazione Happening 2013 dal titolo “Ciò che occorre è un uomo (C. Betocchi)” e sarà possibile usufruire gratuitamente di visite guidate.
    Per informazioni e prenotazioni Elena Conti 348/6907683 o cesena0912@libero.it

    Fonte: "Il Disegno - insieme per condividere l'handicap" – Cesena

    lunedì 17 giugno 2013

    Bambina nata con metà cuore, dopo che la mamma ha rifiutato l’aborto, ora sta bene





    Rebecca Turner_miracolo_aborto

    Scarlett Crowther è nata con metà cuore. Non sarebbe qui oggi,  se sua madre avesse deciso di abortire; ma la madre di Scarlett ha rifiutato l’idea.
    A Scarlett era stata data una probabilità pari al  50% di sopravvivere con quel difetto, ma ha già superato, con successo,  due operazioni al cuore, di cui una cinque giorni dopo la nascita. Ora, 10 mesi più tardi, madre e bimba stanno benissimo. La sua mamma, Rebecca Turner, la chiama “piccola combattente”.
    “Quando ora la tengo in braccio non riesco proprio a credere quanto sia sana e felice. Lei è il mio piccolo miracolo“, ha detto la Turner.
    Da un articolo del “The Sun” leggiamo:
    Rebecca ha scoperto che Scarlett era affetta dalla “sindrome del cuore sinistro ipoplasico” durante l’ecografia della 20ma settimana.
    Ciò significava che il lato sinistro del cuore di Scarlett non si era sviluppato.
    A Rebecca, mamma a tempo pieno, era stata prospettata quindi la possibilità di interrompere la gravidanza,  ma lei ha scelto di portarla a termine.
    Pochi giorni dopo la nascita, avvenuta lo scorso giugno, Scarlett è stata sottoposta ad un intervento chirurgico della durata di ben sette ore e mezza all’Ospedale Pediatrico Alder Hey, nel Merseyside.
    I chirurghi hanno inserito un tubicino nel suo cuore per consentire un miglior afflusso di sangue.
    Scarlett è stata poi sottoposta ad un intervento chirurgico più importante, durato otto ore e mezza, all’età di otto mesi. In quell’occasione i medici hanno effettuato una sorta di autotrapianto, collegando al suo cuore una vena presa dal collo.
    Ndr: Questa vicenda offre nuove conferme di quanto la scienza possa essere a favore della vita e non della sua soppressione.
    Prendersi cura di una madre incinta e del suo bambino, in modo da poter salvare una vita fragile, fa parte di quello che dovrebbe costituire il normale scopo della scienza medica. Se si fosse trattato di una persona già nata qualsiasi medico,  di fronte a una probabilità di sopravvivenza del 50%, avrebbe ritenuto doveroso  intervenire e tentare in ogni modo di salvare il paziente. A Scarlett, già prima che nascesse, è stata riservata la stessa cura, la stessa attenzione che spetta a qualunque altro paziente.
    Oggi questa bambina è “particolare” più per il suo successo che per la sua “diversità”. Un mondo tanto attento a tutelare le diversità non riesce a comprendere la necessità di tutelare maggiormente quella diversità che è anche debolezza.
    Se Scarlett fosse stata abortita, oggi la medicina avrebbe un successo in medo di cui essere orgogliosa.
    Traduzione a cura di Daniela Vicini
    Clicca qui per leggere l’articolo originale pubblicato da LifeNews in lingua inglese
    di Steven Ertelt 

    Fonte: prolifenews.it

    mercoledì 12 giugno 2013

    "Dalle tenebre alla luce": percorso di elaborazione del lutto per un figlio mai nato

    Dall'1 al 5 settembre, a Medjugorje, un seminario guidato dalla dott.sa Benedetta Foà, psicologa e counselor post-aborto

    Roma, (Zenit.org)

    Si chiama "Dalle tenebre alla luce" il seminario che si terrà dall'1 al 5 settembre presso la Casa Cuore Immacolato di Maria a Medjugorje, guidato dalla psicologa e counselor post-aborto Benedetta Foà.
    Il seminario ha lo scopo di aiutare le donne e gli uomini che hanno vissuto l’aborto in modo traumatico, tanto traumatico da stare male. Quando ci si rende conto che un figlio manca all’appello, a volte la mente si fissa su questo lutto, tanto da non riuscire ad andare oltre. Dare un nome al dolore aiuta a metterlo in luce e a curarlo.
    Lo scopo finale del percorso è quello di prendersi cura del proprio figlio mai nato, per dargli l’identità e la dignità negata, per poi lasciarlo andare in pace. Sarà proprio il prendersi simbolicamente cura del figlio, che aiuterà i genitori a ritrovare la pace perduta, sotto lo sguardo amorevole di Maria Santissima.
    Le iscrizioni sono aperte fino al 30 giugno e sono a numero limitato.Il programma può variare a seconda delle necessità a Medjugorje
    Per maggiori informazioni:
    Scrivere info@benedettafoa.it o visitare il sito www.benedettafoa.it o chiamare il 377 2686484

    Curare le ferite del post-aborto

    Intervista a Benedetta Foà, psicologa, già consulente del CAV Mangiagalli di Milano, da anni impegnata nella cura delle sindromi post-aborto

      di Elisabetta Pittino

    ROMA, martedì, 11 settembre 2012 (ZENIT.org) - Ogni donna che si è procurata un aborto, "quando si rende conto che un figlio manca all'appello, e che la responsabilità è propria, sta male fino a cadere in depressione anche a distanza di 10/15 anni".
    Lo afferma Benedetta Foà, laureata in psicologia, che ha lavorato come consulente al Cav Mangiagalli. Autrice di Maternità Interrotte, 'manuale' sulle sindromi post-aborto, la dottoressa Foà racconta a ZENIT del suo impegno per curare le ferite delle donne che hanno vissuto l'esperienza dell'interruzione di gravidanza.
    ***
    Dottoressa Foà, lei si prende cura delle donne ferite dall'aborto: cosa è significato per lei, quindi, raccogliere firme per la campagna "Uno di Noi" al Festival dei Giovani di Medjugorje 2012?  E soprattutto perché ha accettato di partecipare a questa missione impegnativa?
    Benedetta Foà: Per prima cosa vorrei sottolineare il mio legame con Medjugorie. Vengo in questo luogo di grazia dal 1986, ci ho vissuto quasi tre anni durante il conflitto (1991-96) ed è un paese che per me è “casa”. Detto questo viene automatico che quando il vicepresidente del Movimento per la vita, Elisabetta Pittino, mi ha invitato a dare una mano significativa a questa missione, mi sono sentita “chiamata” ancora una volta a mettere a disposizione le mie conoscenze del posto e a lavorare per la vita.
    Il compito era sicuramente impegnativo, soprattutto considerando il clima soffocante, che ben conoscevo, e i milioni di pellegrini di tutte le lingue con cui dover comunicare il messaggio importante che stavamo portando. Certo è che essere a Medjugorje durante il Festival è una grazia di per sé, con tutta quella carica, gioia ed entusiasmo trasmesso dai giovani. Poter lavorare per la vita vuol dire mettere in pratica i messaggi della Madonna, essere le “Sue mani”, come ci chiede nei suoi messaggi. Vivere i suoi messaggi è la cosa veramente importante.
    Raccogliere le firme non era il solo scopo, infatti la cosa fondamentale era far sapere a tanti giovani di tutta Europa e del Mondo che i cittadini europei stanno lottando per la vita, che vogliono difendere la vita fin dal suo concepimento e che essa non è un gioco ma è sacra. Questo secondo me è un messaggio forte che va contro corrente, contro il pensiero agnostico di questo momento storico. E' stato bello vedere giovanissimi e non solo, venire muniti di penna e documento “per aiutare” la causa della vita. Personalmente mi hanno commosso particolarmente i ragazzini croati, che pur non essendo “ancora” europei volevano firmare “a tutti i costi”.
    Com'è nata la sua vocazione al post-aborto?
    Benedetta Foà: La mia vocazione a prendermi cura della donna è nata a Medjugorie. Come ho detto ho vissuto qui quasi tre anni, sono venuta nel 1995 come volontaria a portare aiuti umanitari con e per una associazione chiamata A.R.P.A fondata da A. Bonifacio. Sono stati anni molto duri ma anche tanto fecondi. E' stato durante questo periodo che la parrocchia di Medjugorie ha chiamato in suo aiuto un esperto, il Canadese dottor Philip Ney. Con lui abbiamo fatto un percorso di Counseling specifico su Abuso sessuale e Aborto. Questo seminario ha aiutato tutti (sacerdoti, suore, laici), ma a me ha veramente aperto un mondo fino a quel momento sconosciuto.
    Da quel giorno in poi ho studiato l'argomento aborto e le sue conseguenze. All'epoca (parlo di 17 anni fa), in Italia non se ne parlava molto, ma in America e Canada c'erano già molte ricerche relative allo stress post-aborto. Quando mi sono iscritta all'università avevo già chiaro che mi sarei occupata di ricerca e cura del post-aborto. Ora dopo lunghi anni di studi e la laurea in Psicologia Clinica, spero di poter aiutare tanti uomini e donne che soffrono per non aver accettato la vita dei loro figli.
    Lei è co-autrice di Maternità Interrotte, un “manuale” sul post-aborto edito dalla San Paolo. Ci parli del suo libro e di quelli che saranno i suoi progetti futuri.
    Benedetta Foà: Il libro è stato molto importante perché rappresenta uno dei primi libri pubblicati in Italia da professionisti italiani in cui viene trattato il problema del post-aborto e soprattutto di una possibile cura. Personalmente il futuro è ancora tutto da costruire, ma la strada è spianata. Se va tutto come stabilito nel giro di pochi mesi ci sarà a Milano un centro che si occupa della cura e recupero di coloro che soffrono del trauma identificato con il nome di “stress post-aborto”. Ho dei progetti anche su Medjugorie, infatti nel 2013 si dovrebbe tenere il primo Seminario di guarigione sul post-aborto.
    Dall'approvazione della legge 194 del 1978 solo in Italia sembra che ci siano stati 5.000.000 di aborti praticati: questo vuol dire che ci sono altrettante madri/padri che hanno perso uno o più figli. Non tutti stanno male nello stesso modo e con gli stessi tempi, ma quando ci si rende conto che un figlio manca all'appello, e che la responsabilità è propria, molti stanno veramente male. Ho ricevuto telefonate di donne che dopo 10/15 anni di distanza dall'aborto procurato sono cadute in una depressione tale da non riuscire più a lavorare, fino a non riuscire più ad uscire di casa. Lo stress post-aborto esiste ed è molto invasivo, è importante lavorarci con tecniche specifiche perché non è un lutto come gli altri.
    Il suo aiuto si rivolge solo alle donne, o anche agli uomini? 
    Benedetta Foà: Nonostante possa sembrare meno immediato, anche gli uomini soffrono di stress post-aborto. Anche loro quando si rendono conto che avrebbero potuto avere dei figli e invece non li hanno accolti, soffrono. Il pensiero si blocca e l'aborto che hanno fatto fare alla compagna può diventare un chiodo fisso, tanto da non farli progredire nel loro cammino di vita. Penso che non ci siano altri modi per far conoscere il dramma dell'aborto se non quello di scrivere libri, tenere conferenze e far sapere, soprattutto alle giovani generazioni, che la vita è sacra e va protetta, anche a costo di sacrifici.
    Come ci si può mettere in contatto con lei?
    Benedetta Foà: Ho iniziato a progettare la mia pagina web, sarà semplice ma dettagliata e chi vorrà trovarmi saprà come farlo. E' chiaro che già da ora per chi volesse dei consigli può contattarmi al mio indirizzo mail: benedetta.foa@libero.it.

    mercoledì 5 giugno 2013

    Genetica e natura umana. Una mostra su Jerome Lejeune all'ospedale San Donato di Arezzo


    Pubblicato in data 04/giu/2013
    Le interviste a Cristina Martini, promotrice dell'evento, e a Pierluigi Strippoli, docente dell'Università di Bologna.
    Servizio di Michele Francalanci. Riprese di Edoardo Malvestiti.
    TSD Notizie del 04.06.2013