mercoledì 6 febbraio 2013

Lutto

Elaborare un lutto è sempre difficile e doloroso; ma se lo si deve elaborare per un figlio perso in gravidanza è ancora meno facile.
E’ difficile perchè il figlio non lo si è visto e di conseguenza non c’è un immagine precisa di lui nella mente. Quando perdiamo una persona cara, un parente, un amico, viene spontaneo ricordare le cose belle vissute insieme, e nel ricordo e dal ricordo traiamo consolazione. Il lutto profondo comporta un doloroso stato mentale, una perdita di interesse per il mondo esterno, in quanto non può rifar vivere quella persona. Si vive l’incapacità di trovare un nuovo oggetto d’amore, lo stato d’animo è di disinteresse per ogni attività non collegata ai pensieri della persona amata. Questa inibizione è l’espressione di una devozione esclusiva del lutto che non lascia spazio ad altri scopi ed interessi. Le emozioni del dolore e della sofferenza per la mancanza della persona amata con il tempo si placano, da dolore totalmente coinvolgente diventa dolore focalizzato, che può concentrarsi in un luogo che per molti è il cimitero. Come ha scritto Foscolo il cimitero è un luogo che serve più ai vivi che non ai morti, dato che l’uomo ha bisogno di un posto preciso e definito dove andare a piangere i propri cari.
Per un bambino, concepito ma morto a pochi mesi di gestazione, vale tutto questo? I genitori del bambino sono in grado di fare un passaggio dal “non conosciuto” che è il loro figlio ma che non hanno mai visto, toccato, accarezzato al “conosciuto” che corrisponde ad un figlio che ha un suo nome, un volto, una propria identità?
Ho potuto constatare che questo passaggio non avviene sempre, a volte mai. Quando il lutto viene vissuto in un modo particolarmente profondo dalla madre/padre, questo dolore può facilmente bloccare le energie psichiche e focalizzarle su quel punto, la perdita del figlio, senza riuscire ad andare oltre. Per aiutarli  a fare un passo avanti rispetto a questa posizione di immobilità ho elaborato un metodo che ho definito: “Centrato sul bambino”. Questo metodo è utilizzato sia per la perdita spontanea di un figlio che per aborto procurato.
- Eliminare l’omertà è un punto importante del metodo. Quando l’aborto è volontario per la donna è ancora più difficile parlarne. Avere qualcuno con cui parlare del proprio aborto nella verità sentendosi accolto, è essenziale e non scontato.
- Esprimere i sentimenti fino a quel momento negati. Tutti sappiamo quanto soffra una madre che vede suo figlio soffrire. Questa è un’equazione incontestabile. Se si ha la percezione che il proprio bambino, ovunque sia, sta male o è arrabbiato, soffre anche la donna. Bisogna aiutare a esprimere i sentimenti rimossi e sepolti nel profondo del cuore.
- Dare un volto ad un bambino che non è mai nato. La maggior parte delle mamme non ha mai visto il figlio, o perchè era troppo piccolo o perchè era troppo doloroso per loro vederlo, e così non ha nessuna immagine reale, nessun ricordo oggettivo. Questo è il punto che differenzia il loro lutto dagli altri lutti. Infatti di un padre, madre, figli nati si hanno immagini e ricordi, oggetti, fotografie; insomma qualche cosa a cui aggrapparsi nel momento della perdita.
Queste mamme/papà che ricordi hanno oltre ai sentimenti ambivalenti che stavano appena nascendo? Quando pensano a lui/ lei cosa vedono?
Questo è un punto importantissimo, passare da una situazione di “oscurità” ad una situazione di “chiarezza”. E’ tramite l’immaginario che li aiuto  a “ intravvedere” il loro figlio abortito”. Con una procedura standard li porto in questo viaggio nell’immaginario che li fa incontrare con il figlio.        - Lasciare andare il bambino, dirgli addio. Questo è il punto più delicato, perché una volta che finalmente si è riusciti a rendere il figlio abortito un essere umano con un nome e un volto, ad esprimergli un sentimento di amore, dobbiamo lasciarlo andare. Tagliare il cordone ombelicale, o meglio lasciare andare in pace questi bambini è un passo importante sia per la madre che per loro. Quando le mamme avranno un luogo preciso dove poter pianger il loro figlio perduto e finalmente ritrovato, allora riposeranno.
Riposeranno nel vero senso della parola, perché lo stato d’ansia attivato dall’attesa di sapere chi è e dove è il figlio perduto, svanisce. Il Metodo ha lo scopo di far raggiungere questa pace, anche se attraverso un percorso doloroso, avvicina ad un bambino concepito ma mai nato e mai visto, aiuta a concretizzarlo con oggetti, lettere, immaginario per poi, finalmente lasciarlo andare. Lo scopo è quello di ritrovarlo, non di perderlo, ma in una dimensione diversa.

Benedetta Foà
in www.benedettafoa.it





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